Nel 2000,
il prodotto interno lordo (PIL) della Cina ha superato, per la prima volta, la soglia
dei mille miliardi di dollari americani (1 trillion USD-circa 2 milioni di miliardi di
lire italiane).
La Cina sta diventando, gradualmente, un paese industrializzato con un tasso di crescita
dell'economia costante e sostenuto (attorno all'8% annuo, molto al di sopra della media
internazionale).
Dopo lo sviluppo impetuoso delle regioni costiere e parzialmente di quelle centrali che si
è verificato negli ultimi decenni, il governo di Pechino ha progettato di sviluppare a
cominciare da ora le province dell'ovest cinese (Xinjiang, Mongolia Interna, Tibet,
Gansu, Shaanxi, Ningxia, Sichuan, Yunnan).
La riforma e l'apertura della Cina, che consistono nel concedere uno spazio economico
controllato allo sviluppo delle imprese private cinesi e straniere vanno avanti da più di
vent'anni, e offrono ormai possibilità di lavoro e di guadagno che gli italiani, tra gli
altri, dovranno prendere in sempre più seria considerazione.
La grande maggioranza dei cinesi ( popolazione totale: 1 miliardo e 260 milioni ) vive
ancora in campagna, e produce solo il 17.7% del PIL. Per migliorare la situazione
dell'agricoltura , la Cina ha scelto un modello di urbanizzazione diverso da quello
spontaneo che, nei secoli, ha avuto corso nei paesi occidentali.
In aggiunta alle 600 città cinesi medio-grandi, grandi e grandissime ( di cui non
se ne prevedono di nuove), verranno fondate in modo ordinato decine di migliaia di piccole
townships, per concentrare la popolazione dei villaggi remoti e delle fattorie isolate,
senza portare alle svuotamento delle campagne e alla corrispondente esplosione delle
megalopoli.
Questa sterminata trama di micro-città offre impensabili opportunità di sviluppo per
l'agricoltura meccanizzata, l'industria leggera e i servizi avanzati.
Se si tiene conto del fatto che il terziario in Cina ammonta appena al 33% del PIL ( di
contro al 60% dei paesi sviluppati ), e che le townships sono naturali incubatrici per il
boom del terziario, non è difficile immaginare un colossale incremento della domanda su
tutto l'immenso territorio cinese di articoli più raffinati per l'arredamento e la
decorazione degli interni delle case, alberghi, ristoranti, locali ricreativi, ecc.
Questo bisogno, unitamente all'inevitabile nascita di esigenze più
elevate nel campo
dell'abbigliamento e degli accessori da parte dei contadini inurbati, è particolarmente
interessante per l'Italia, il cui design è molto apprezzato dai cittadini cinesi.
Al presente purtroppo la condizione degli investimenti italiani in Cina e
dell'interscambio commerciale italo-cinese non è affatto rosea per gli operatori
italiani.
Risulta infatti dalle fonti: China Hand, China Monthly Exports &
Imports, Economic Daily, E.I.U. e dal censimento effettuato dall'Ambasciata d'Italia a Pechino, che:
"La struttura degli investimenti italiani in Cina resta fortemente
squilibrata a favore dei grandi gruppi, che coprono il 75% circa, mentre solo l'8% è
riconducibile alle piccole e medie imprese italiane (essendo il restante 15% attribuibile
a società italiane con sede estera a vario titolo costituite). Sul piano settoriale gli
investimenti si concentrano nel manifatturiero (20%), tessile-abbigliamento (20%), nel
macchinario-meccanico (16%), nei servizi (12%) e nel chimico-farmaceutico (11%). Come
distribuzione geografica la presenza degli investimenti italiani si ripartisce
prevalentemente nelle zone costiere meridionali cinesi e in particolare nel Jiangsu (35%).
L'Italia è rimasta ancorata, per quanto riguarda l'export, ai settori tradizionali. Come
quello del macchinario, che rappresenta tuttora quasi i due terzi delle vendite italiane.
Il macchinario, in Cina, è ormai un settore maturo nel quale non si può più crescere
sopratutto per la crescente autonomia produttiva dell'apparato industriale cinese".
Ma il futuro della Cina sta nello sviluppo delle campagne e delle regioni interne,
specialmente del "Far West Cinese", che possiedono le maggiori risorse naturali.
In queste area c'è tutto da fare, il nuovo da costruire, illimitate potenzialità da
sfruttare. Strade, città, centrali energetiche, reti di telecomunicazione, ponti,
aeroporti e riserve d'acqua che verranno al mondo ( nella scorta dell'amara esperienza
vissuta in Cina e in Occidente ) nel massimo rispetto possibile degli equilibri ambientali.
Per i commercianti, gli investitori, gli esperti italiani esistono innumerevoli nicchie
economiche e culturali da scovare e occupare: nel campo dei materiali da costruzione, del
green food , dell'ecologia, dell'allevamento, del turismo e nei vari
imprevedibili settori generati dal sorgere di richieste nuove, che solo le apposite
ricerche di mercato possono portare alla luce.
La situazione macroeconomica cinese e' caratterizzata oggi da due tratti peculiari: un
bassissimo tasso d'inflazione (0,1% nei primi 10 mesi del 2000) e un monte di risparmi
depositato dalla popolazione che nell'ottobre 2000 arrivava a 762 miliardi di dollari
(intorno a 1 mln e 500 mila miliardi di lire).
I buoni obbligazionari emessi dallo Stato Cinese nel 2000 hanno raggiunto i 71 mld di
dollari (140 mila mld di lire). Il debito estero della Cina, a fine giugno
2000 sfiorava
i 150 miliardi di dollari, completamente coperto da una massa di riserva in valuta
pregiata che a fine settembre 2000 superava i 160 mld di dollari.
Queste favorevoli circostanze, accompagnate da un alto grado di stabilita' sociale,
indicano che gli effetti negativi della crisi asiatica sono stati definitivamente lasciati
alle spalle. Un nuovo duraturo periodo di sviluppo si annuncia chiaramente.
L'entrata della Cina nell' Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) con la conseguente
demolizione di barriere di protezione doganale, assicurera' un cospicuo accrescimento
dell'afflusso di merci straniere in Cina, mentre I prodotti cinesi conquisteranno fette di
mercato piu' ampie all'estero.
L'andamento dell'economia cinese verra' notevolmente agevolato e, di riflesso, anche
quello del resto del pianeta.
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